Scuola Medica Salernitana

Nel IX secolo fu fondata la Scuola Medica Salernitana che rappresentava la prima istituzione medica dell'Europa cristiana. Testo fondamentale della Scuola fu il Regimen Sanitatis Salernitanum, una raccolta di 103 aforismi in versi che fu pubblicato nelle maggiori città europee, dalla invenzione della stampa a caratteri mobili e fino ad oggi, in oltre 200 edizioni.

A Salerno, porto di mare aperto agli influssi del mondo arabo e bizantino, la Scuola trovò terreno fertile per far rifiorire l'arte medica; qui si tornò a studiare Ippocrate e Galeno, ed era possibile seguire lezioni di docenti provenienti da tutto il Mediterraneo.

La leggenda infatti vuole che la Scuola sia nata dall'incontro fortuito, durante un temporale, di quattro medici: un arabo, un ebreo, un latino e un greco (Adela, Elino, Salerno e Ponto).

La Scuola Medica Salernitana è considerata l'antenata delle Università europee; per tutto il Medioevo godette di grandissimo prestigio e Salerno fu il punto di riferimento per chiunque avesse bisogno di cure o volesse apprendere l'arte medica.

La Scuola, inoltre, fu la prima istituzione europea in cui le donne goderono di diritti pari a quelli degli uomini. Infatti le Mulieres Salernitanae, la più famosa delle quali fu Trotula de Ruggero, furono forse le prime donne ad insegnare ed esercitare la professione medica ed a scrivere trattati di carattere clinico-farmacologico.

La scuola medica in una miniatura del Canone di Avicenna

I fondamenti e l'importanza della scuola

La "Scuola" si fondava sulla sintesi della tradizione greco-latina completata da nozioni provenienti dalle culture araba ed ebraica. Essa rappresenta un momento fondamentale nella storia della medicina per le innovazioni che introduce nel metodo e nell'impostazione della profilassi. L'approccio era basato fondamentalmente sulla pratica e sull'esperienza che ne derivava, aprendo così la strada al metodo empirico e alla cultura della prevenzione.

Di particolare importanza, dal punto di vista culturale, è anche il ruolo svolto dalle donne nella pratica e nell'insegnamento della medicina. Le donne che insegnarono e operarono nella scuola divennero famose col nome di Mulieres Salernitanae.

Princìpi e metodo

Le basi teoriche erano costituite dal sistema degli umori elaborato da Ippocrate e Galeno, tuttavia il vero e proprio bagaglio scientifico era costituito dall'esperienza maturata nella quotidiana attività di assistenza ai malati. Con la traduzione dei testi arabi, si aggiunse a questa esperienza una vasta cultura fitoterapica e farmacologica.

La leggenda della fondazione

La fondazione della scuola risale all'Alto Medioevo e non vi è nessun documento che possa certificare con precisione una data di riferimento. La tradizione tuttavia lega la nascita della scuola all'evento narrato da una leggenda.

Si racconta che un pellegrino greco di nome Pontus si fosse fermato nella città di Salerno e avesse trovato rifugio per la notte sotto gli archi dell'antico acquedotto dell'Arce. Scoppiò un temporale e un altro viandante malandato si riparò nello stesso luogo, si trattava del latino Salernus; costui era ferito e il greco, dapprima sospettoso, si avvicinò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita. Nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l'ebreo Helinus e l'arabo Abdela. Anch'essi si dimostrarono interessati alla ferita e alla fine si scoprì che tutti e quattro si occupavano di medicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita a una scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.

Storia

«Sono altre quattro le città preminenti, Parigi nelle scienze, Salerno nelle medicine, Bologna nelle leggi, Orleans nelle arti attoriali» (Tommaso d'Aquino)

Nella storia della "Scuola Medica" si possono distinguere tre periodi:

  • IX-X secolo: primo periodo, di cui si hanno scarse notizie
  • XI-XIII secolo: periodo del massimo splendore
  • XIV-XIX secolo: periodo della decadenza

IX-X secolo

Le origini della "Scuola" dovrebbero risalire al IX-X secolo, anche se su questo primo periodo la documentazione è piuttosto scarsa. Poco si sa della natura, laica o monastica, dei medici che ne facevano parte e non è chiaro se la '"Scuola" avesse già un'organizzazione istituzionalizzata.

Fin dal IX secolo vi era a Salerno una grande cultura giuridica nonché l'esistenza di maestri laici e di una scuola ecclesiastica. Accanto ai maestri del diritto vi erano però anche quelli che curavano il corpo e insegnavano i dogmi dell'arte della salute. I nomi di questi medici partono dalla seconda metà dell'VIII secolo quando Arechi II fissò la sua dimora a Salerno fino all'XI secolo quando il nome di questa città si diffuse in Europa. La venuta a Salerno di Adalberone di Laon, nel 984 per curarsi, ci fa capire la fama dei medici di Salerno.

Di sicuro è noto che nel X secolo la città di Salerno era già molto famosa per il clima salubre e la sapienza dei suoi medici. Di essi si racconta che «erano privi di cultura letteraria, ma forniti di grande esperienza e di un talento innato». Infatti in questo periodo la natura degli insegnamenti era fondamentalmente pratica e le nozioni venivano tramandate oralmente.

XI-XIII secolo

La posizione geografica ebbe sicuramente un ruolo fondamentale nella crescita della Scuola: Salerno, porto al centro del Mediterraneo, subisce e metabolizza gli influssi della cultura araba e greco-bizantina. Dal mare arrivano i libri di Avicenna e Averroè, e dal mare giunge a Salerno anche il medico cartaginese Costantino l'Africano (ossia dell'Ifrīqiya) che visse nella città per diversi anni e tradusse dall'arabo molti testi: gli Aphorisma e i Prognostica di Ippocrate, Tegni e Megategni di Galeno, il Kitāb-al-malikī (ossia Liber Regius, o Pantegni) di Alī ibn ʿAbbās (Haliy Abbas), il Viaticum di al-Jazzār (Algizar), il Liber divisionum e il Liber experimentorum di Rhazes (Razī), il Liber dietorum, il Liber urinarium e il Liber febrium di Isaac Israeli il Vecchio (Isaac Iudaeus)

Sotto questa spinta culturale si riscoprono le opere classiche a lungo dimenticate nei monasteri. Grazie alla "Scuola Medica", la medicina fu la prima disciplina scientifica a uscire dalle abbazie per confrontarsi di nuovo con il mondo e la pratica sperimentale.

A tale proposito notevole importanza ebbero i monaci: i monasteri di Salerno e della vicina Badia di Cava dovevano avere una certa importanza nella geografia benedettina, infatti notiamo nella città nell'XI secolo la presenza di tre importanti personaggi di quest'ordine: il papa Gregorio VII, l'abate di Montecassino Desiderio (futuro papa Vittore III) e il vescovo Alfano I.

In questo contesto la "Scuola" di Salerno cresce e si sviluppa fino a raggiungere il massimo del suo splendore tra il X e il XIII secolo. A quell'epoca giungevano alla Schola Salerni persone provenienti da tutta Europa, sia ammalati che speravano di essere guariti, sia studenti che volevano apprendere l'arte della medicina. Il prestigio dei medici di Salerno è largamente testimoniato dalle cronache dell'epoca e dai numerosi manoscritti conservati nelle maggiori biblioteche europee.

Nel 1231 l'autorità della scuola veniva sancita dall'imperatore Federico II: nella sua Costituzione di Melfi si stabiliva che l'attività di medico poteva essere svolta solo da dottori in possesso di diploma rilasciato dalla Scuola Medica Salernitana. Nel 1280 Carlo II d'Angiò approvò il primo statuto in cui la Scuola veniva riconosciuta come Studium generale in medicina.

XIV-XIX secolo

Con la nascita dell'Università di Napoli, la "Scuola" cominciò a perdere via via importanza. Col tempo il suo prestigio fu oscurato da quello di università più giovani: Montpellier, Padova e Bologna in primo luogo. L'istituzione salernitana tuttavia rimase in vita per diversi secoli finché, il 29 novembre 1811, fu soppressa da Gioacchino Murat in occasione della riorganizzazione dell'istruzione pubblica nel Regno di Napoli. L'ultima sede fu il Palazzo Copeta.

Le rimanenti "Cattedre di Medicina e Diritto" della Scuola Medica Salernitana operarono nel "Convitto nazionale Tasso" di Salerno per un cinquantennio, dal 1811 fino alla loro chiusura nel 1861, avvenuta per ordine di Francesco De Sanctis, ministro del neonato Regno d'Italia.

Sedi

La scuola, nonostante ci siano al riguardo notizie non suffragate da riscontri documentari, ha avuto varie sedi per l'insegnamento e il conferimento delle lauree. Secondo lo storico salernitano Riccardo Avallone, le sedi d'insegnamento, in ordine cronologico e spesso in contemporaneità, furono: il Castello di Arechi o le sue adiacenze; la cappella superiore e inferiore di S. Caterina, nell'atrio e ai piedi della scalinata marmorea del duomo (le odierne sale San Tommaso e San Lazzaro).

A causa dell'inagibilità della cappella di S. Caterina, la principale sede della scuola fu in seguito il palazzo dell'antica pretura, ubicato in via Trotula de Ruggiero. L'ultima sede della scuola fu l'ex seminario arcivescovile.

L'ordinamento

Il curriculum studiorum era costituito da:

  • 3 anni di logica;
  • 5 anni di medicina (comprese chirurgia e anatomia);
  • 1 anno di pratica con un medico anziano;

Era inoltre prevista, ogni 5 anni, l'autopsia di un corpo umano.

Da notare che nella "Scuola'", oltre all'insegnamento della medicina (dove le donne erano ammesse sia come insegnanti che come studentesse), si tenevano anche corsi di filosofia, teologia e legge ed è per questo che alcuni la considerano anche come la prima università mai fondata. Si badi bene, però: non fu mai chiamata "università", giacché fu proprio con la scuola salernitana che nacque la parola.

Materie di insegnamento

Le materie d'insegnamento nella Scuola medica salernitana sono a noi note attraverso uno speciale statuto. I docenti della scuola distinguevano la medicina in teoria e pratica. La prima dava gli insegnamenti necessari per conoscere le strutture del corpo, le parti che lo compongono, le loro qualità, la seconda dettava i mezzi per conservare la salute e per combattere le malattie. E, in conformità di tutte le scuole, che anche a Salerno seguirono, i dogmi della medicina i quali avevano il loro fondamento nei principi di Ippocrate e Galeno, che costituiscono le basi dell'insegnamento medico. I testi più antichi dei maestri di Salerno non si discostano da questa tradizione. Il water è stato una loro invenzione medica per l'intestino.

Testi antichi ci informano della diffusione in regioni lontane delle dottrine mediche salernitane. Siffatti cimeli sono compresi in un codice che è conservato nella Capitolare di Modena proveniente dall'abbazia di Nonantola. L'esistenza di tali documenti, mentre ci conferma l'antichità dell'insegnamento medico a Salerno, d'altra parte ci dà la prova che la tradizione della cultura latina non si era spenta e centro di diffusione di essa era Salerno.

Riguardo poi alla filosofia, aveva un dominio assoluto Aristotele. La Scuola, immobilizzata nelle sue teorie, nacque ippocratica e morì tale, senza seguire le nuove correnti mediche e filosofiche, che avevano portato un profondo rinnovamento nel campo scientifico. Le lezioni consistevano nell'interpretazione dei testi dell'antica medicina. Ma mentre la medicina procedeva lenta, in Salerno una nuova arte si affacciava nel campo scientifico. Questa arte è la chirurgia, che per prima in Salerno si eleva alla dignità di una vera e propria scienza per opera di Ruggiero di Fugaldo. Egli scrive il primo trattato di chirurgia nazionale che trova la sua diffusione in tutta Europa. Perciò fin dal XII secolo Salerno era meta di studenti stranieri specialmente tedeschi. Ma con la diffusione dei libri arabi, l'influenza scientifica della scuola, che si riteneva attaccata alle tradizioni latine andò diminuendo, mentre nelle principali università dell'Italia Settentrionale ebbero notevole sviluppo le dottrine arabe. Di queste era un seguace e divulgatore un alunno della scuola di Salerno, Bruno da Longobucco.

Almo Collegio Salernitano

Il Collegio Medico era un corpo accademico indipendente della Scuola. Esso aveva lo scopo di sottoporre gli scolari che avevano compiuto gli anni di studio richiesti a un rigoroso esame per ottenere il privilegio dottorale, non solo per esercitare la medicina ma anche per insegnare.

Il Collegio Medico era un'organizzazione professionale per la difesa dei propri interessi e della propria dignità e anche per porre un freno all'opera nefasta dei medicastri.

Il primo atto sovrano che convalidò le prerogative del Collegio dando il riconoscimento giuridico ai titoli accademici da esso rilasciati, risale all'imperatore Federico II nel 1200. Tutti i medici della città erano "Alunni" e anch'essi gradualmente avevano il diritto di entrare nel Collegio. Per consuetudine la funzione del conferimento delle lauree si svolgeva nella Chiesa di San Pietro a Corte, o in San Matteo o nella Cappella di Santa Caterina.

Ma all'inizio dell'anno 1000 il conferimento ebbe luogo nel palazzo di città. Il giuramento rappresentava la più alta concezione morale della funzione del medico, il quale giurava di porgere il suo aiuto al povero senza chiedere nulla e nello stesso tempo era una sublime affermazione dinanzi a Dio e agli uomini di serbare una vita onesta e severità di costumi. Per conseguire la licenza all'esercizio della farmacia, cioè in arte aromataria si richiedevano al candidato qualità morali spiccatissime, onestà e illibatezza di costumi, qualità queste che la Scuola tenne sommamente in pregio. I diplomi di laurea molto spesso rappresentavano la manifestazione più evidente dei sentimenti religiosi dei giovani, che conseguirono il titolo di dottorale in Salerno. L'autenticità dei privilegi dottorali era attestata dal notaio. Il privilegio dottorale, rilasciato dal Collegio di Salerno, aveva valore dovunque il laureato in Salerno si presentasse per praticare l'esercizio professionale. Nei privilegi dottorali non solo era segnata la data in cui il candidato aveva sostenuto l'esame ma anche l'anno del pontificato di chi era stato elevato al seggio pontificio. Il calendario civile, variava secondo i diversi stati ma non variava ovviamente l'anno di elevazione al pontificato, onde per la stessa universalità della Chiesa cattolica era logico che si tenesse in conto l'anno di riferimento del pontificato, tanto più che il privilegio assai spesso era destinato ad assicurare la capacità scientifica del laureato in paesi stranieri. Ai diplomi non mancava mai il sigillo del Collegio in ceralacca. In questi sigilli di forma circolare è ben visibile nel mezzo lo stemma della città rappresentato dal patrono San Matteo in atto di scrivere il Vangelo.

I docenti della scuola

Occorre fare una distinzione tra il medicus e il medicus et clericus perché segnano due periodi distinti della medicina salernitana. Il medicus rappresenta le origini in cui l'arte è empirismo ed egli ricorre a espedienti per porgere aiuto al sofferente. Il medicus et clericus si distingue per la conoscenza dell'arte e per dottrina perciò è un dotto. Con Garioponto (che esamina gli antichi scrittori latini prendendo Ippocrate e Galeno a modello) la medicina salernitana comincia il suo periodo aureo. Con Garioponto vediamo la per la prima volta una donna, la famosa Trotula de Ruggiero che ascende agli onori della cattedra, detta preziosi dogmi di medicina e dà istruzioni per le partorienti. All'inizio dell'anno mille a Salerno c'era una scuola ben ordinata la quale sorse per opera di cultori delle discipline mediche. Si ritiene che l'epoca della fondazione della scuola risalga alla comparsa della Societas forse intorno alla prima metà dell'XI secolo. La prima costituzione della Societas si formò per opera di quei jatrophisici, che presero sede sul colle Bonae diei e Salernitam Scholam scripsere. Furono essi che gettarono le basi di quella scuola e di essa tramandarono il ricordo dettando il Flos medicinae, monumento di grandezza e di pietà che parla al popolo con la parola del cuore e a esso corre incontro per dargli il farmaco che lo sollevi.

L'insegnamento della medicina a Salerno nel Medioevo era esercitato da privati docenti cui veniva dato l'appellativo di medici. All'epoca scarso era il numero dei medici e molti erano avviati all'arte salutare per tradizione di famiglia e ciò perdurò per varie generazioni. La Schola era un istituto con un'organizzazione indipendente, costituita da insegnanti con particolari meriti e di essa era responsabile il Praeses. Fu titolo di merito l'anzianità quando fu creato il Prior come suprema dignità del Collegio. Ma il Praeses non aveva nulla in comune col Prior, poiché la sua autorità si svolgeva nell'ambito del collegio sorto più tardi. La Scuola medica salernitana può contare numerosi maestri.

Le dottrine mediche diffuse da Garioponto e dai suoi contemporanei non si estinsero con essi; altri maestri seguirono le loro orme. Nella seconda metà del XII secolo tre illustri maestri onorarono i loro predecessori: maestro Salerno, Matteo Plateario junior e Musandino. Notevoli furono del maestro Salerno le sue Tabulae Salernitanae in cui riunì i semplici secondo le loro virtù, Il Compendium che completa le Tabulae e forma con esse un trattato di terapia generale e di preparazione dei farmaci. Matteo Plateario junior apparteneva a una famiglia di insigni cultori dell'arte medica. Nelle sue Glosse Plateario junior descrive piante e dà cognizioni intorno alla sofisticazione di vari prodotti medicinali.

Musandino è il celebre maestro, il Praeses, la somma autorità di quel consesso di dotti, destinati a divulgare i dogmi della medicina. Un eminente figura di prelato, ben degno di stare accanto all'Arcivescovo Alfano, fu Romualdo II Guarna che ebbe una speciale predilezione per l'arte medica. Egli fu chiamato due volte al capezzale di Guglielmo I di Sicilia. Un altro maestro tenuto in gran conto dalla regina Giovanna II di Napoli fu Antonio Solimena che fiorì alla fine del XIV secolo.

Egli si distinse per la sua dottrina e per le grandi prove da lui date di sapere. Perciò egli fu elevato all'alto ufficio di Maestro Razionale della Magna Curia. Altra figura nobilissima di patriota e di scienziato fu Giovanni da Procida.

Non mancano nei secoli precedenti maestri salernitani che prestarono la loro opera a operazioni belliche. A servizio dell'esercito di Roberto d'Angiò, duca di Calabria, operante in Sicilia nel 1299 si trovano Bartolomeo de Vallona e Filippo Fundacario. Molte opere di maestri salernitani andarono perse. Ai maestri della scuola spetta il grande merito di aver dettato per la prima volta le norme che il medico deve seguire, quando egli si trova presso il letto del malato. Esse sono un documento prezioso, da cui si rivela quanta importanza quei maestri attribuissero alla missione del medico e quale fosse il loro spirito di osservazione e la profonda conoscenza del corpo umano.


Il Regimen Sanitatis Salernitanum

Il Regimen Sanitatis Salernitanum (Regola sanitaria salernitana) è un trattato a carattere didattico-didascalico in versi latini redatto nell'ambito della Scuola Medica Salernitana nel XII-XIII secolo. È comunemente conosciuto anche come Flos Medicinae Salerni (Il fiore della medicina di Salerno) o Lilium Medicinae (Il giglio della medicina).

Sebbene sia comunemente datato intorno al XII-XIII secolo, alcune fonti[1] sostengono che risalga al 1050. L'opera, dedicata ad un non ben identificato Rex Anglorum (probabilmente Roberto II, duca di Normandia e pretendente al trono d'Inghilterra, che fu a Salerno nel 1099, di ritorno dalla Prima crociata), espone le indicazioni della Scuola di Salerno per tutto ciò che riguarda le norme igieniche, il cibo, le erbe e le loro indicazioni terapeutiche. L'autore è sconosciuto, probabilmente si tratta di un'opera collettiva anche se alcuni l'attribuiscono ad un tal Giovanni Da Milano, forse un discepolo di Costantino l'Africano; il testo, tuttavia, nel corso dei secoli ha subito diversi contributi.

La prima stampa, contenente 364 versi, fu pubblicata nel 1480 con i commenti di Arnaldo da Villanova; il libro raggiunse un'enorme popolarità ed era tenuto in grande considerazione come testo didattico per l'insegnamento e la divulgazione della medicina, tanto da essere utilizzato a tale scopo fino al XIX secolo. Fu anche tradotto in quasi tutte le lingue europee: arrivò a quasi 40 edizioni prima del 1501, molte delle quali aggiungevano e toglievano materiale dalla versione originale. La prima traduzione in inglese fu fatta da Sir John Harington nel 1608. Secondo alcuni studiosi della Scuola (Baudry de Balzac, Salvatore de Renzi, Ackermann) questo trattato è stato pubblicato in circa 180 edizioni tra il 1500 ed il 1830, limite temporale che definisce il libro come antico.

La prima in italiano volgare, con il titolo: Scuola salernitana del modo di conservarsi in sanità. Nuovamente traportata di latino in volgare toscano, fu stampata nel 1587 a Perugia nella tipografia di "Pietroiacomo Petrucci et ad instanzia d'Antonfrancesco Piermattei cittadino perugino", tradotta, come si legge nella prefazione, da Serafino Razzi.

La collezione più cospicua a livello mondiale con diverse decine di esemplari non presenti in biblioteche italiane, è conservata a Salerno, nella biblioteca privata Altieri, ove è possibile esaminare e confrontare circa 120 edizioni, dal 1500 al 1830, di cui alcune illustrate dal tipografo tedesco Christian Egenolf che operò a Francoforte nella metà del XVI secolo, ed altre con frontespizi e marche tipografiche di grande interesse storico, artistico e mitologico.

L'importanza di questo testo scientifico è anche testimoniata da due edizioni francesi stampate a Parigi, nel 1625 e nel 1672, dedicate al cardinale Richelieu, così come sono significative quelle stampate ad Amsterdam nel 1658 e completamente tradotte dal latino in olandese.

Leggende

Oltre a quella già citata dell'incontro dei Fondatori, numerose sono le leggende che ruotano attorno alla Scuola o i suoi medici.

Leggenda del Povero Enrico

Una delle più celebri è la cosiddetta Leggenda del Povero Enrico, tramandata dai menestrelli tedeschi medievali e "riscoperta" da Longfellow nell'Ottocento. Enrico, principe di Germania, era un giovane splendido e forte, fidanzato con la giovane principessa Elsie. Un giorno, però, egli fu colpito dalla lebbra e cominciò a deperire rapidamente, tanto che i sudditi, vedendolo ormai destinato a morte certa, lo ribattezzarono "il Povero Enrico". Il principe, una notte, ebbe un sogno: il diavolo in persona gli suggerì di andare a farsi curare dai medici salernitani, riferendogli che sarebbe guarito solo se avesse fatto un bagno nel sangue di una giovane vergine che fosse morta per lui volontariamente. Nonostante Elsie si fosse immediatamente proposta per l'orrendo sacrificio, Enrico rifiutò sdegnato, preferendo ascoltare il parere dei medici. Dopo un lungo viaggio, tutta la corte arrivò a Salerno ed Enrico, prima di presentarsi alla Scuola Medica, volle recarsi in Cattedrale per pregare sulla tomba di San Matteo. Qui, in preda a una visione, si ritrovò miracolosamente guarito dal male e sposò Elsie sullo stesso altare del Santo.

Leggenda di Roberto e Sibilla

Altra tradizione è quella della Leggenda di Roberto di Normandia e Sibilla da Conversano. Roberto di Normandia, durante le crociate, fu colpito da una freccia avvelenata. Poiché le sue condizioni erano parse subito gravi, egli, di ritorno in Inghilterra, si fermò a Salerno per consultare i medici, il cui responso fu drastico: l'unico modo per salvargli la vita era quello di succhiargli via il veleno dalla ferita, ma chi l'avrebbe fatto sarebbe morto al suo posto. Roberto respinse tutti, preferendo morire, ma durante la notte sua moglie Sibilla da Conversano gli succhiò il veleno, morendo così per il suo amato sposo. Questa leggenda è raffigurata in una miniatura sulla copertina del Canone di Avicenna, in cui si vede Roberto con la sua corte che, alle porte della città, saluta e ringrazia i medici, mentre sullo sfondo le navi sono pronte a partire; sulla sinistra, altri quattro medici si occupano di Sibilla, riconoscibile dalla corona, avvizzita dal veleno.

Mulieres Salernitanae

Mulieres Salernitanae è una polirematica con cui si indicano le personalità femminili che hanno operato nell'ambito della Scuola medica salernitana. Lo statuto della Scuola, infatti, nel solco di alcune tradizioni medievali, non precludeva l'esercizio della professione medica alle donne.

Cultura medica femminile a Salerno

Tra le personalità di spicco delle mulieres Salernitanae sono tramandati i nomi di Trotula de Ruggiero, Rebecca Guarna, Abella Salernitana, Mercuriade, Costanza Calenda.

Dall'Historia Ecclesiastica di Orderico Vitale, sappiamo che tra le donne educate nell'ambiente medico salernitano è da annoverare anche Sichelgaita di Salerno, seconda moglie di Roberto il Guiscardo.

Un altro episodio, messo in luce da Massimo Oldoni, sottolinea il ruolo femminile nella medicina salernitana: si tratta di una miniatura dal Il canone della medicina di Avicenna, che illustra un episodio della vita del duca di Normandia Roberto II (figlio di Guglielmo il Conquistatore), colpito da una freccia avvelenata in Terrasanta, durante la prima crociata.

In quella occasione, Roberto di Normandia fu salvato dalla moglie Sibilla di Conversano, che estrasse il sangue dalla ferita, secondo gli insegnamenti appresi dai medici salernitani, ma sacrificò la propria succhiandolo con la bocca. La miniatura, raffigura la sepoltura di Sibilla e il corteo gratulatorio di Roberto che incontra i medici salernitani, tra cui potrebbero esservi delle donne.

Il ruolo di queste donne non riguardava la sola pratica medica, ma si estendeva anche alla produzione di opere teoriche[1] di cui la tradizione ci ha trasmesso a volte il testo, altre volte il solo nome: il De passionibus mulierum ante in et post partum, il De ornatu mulierum, e la Practica secundum Trotam di Trotula, il De atrabile (Sulla bile nera), e il De natura seminis humani (Sulla natura del seme umano) di Abella Salernitana.

La diffusione di queste figure femminili tra i medici e il loro impegno profuso anche in opere teoriche, costituiscono indizi importanti circa la significativa diffusione della cultura medica a Salerno.

Trotula de Ruggiero

Trotula de Ruggiero, conosciuta anche con il nome di Trottula, Trotta, Trocta o Troctula (Salerno, ... – ...) è stata un medico italiano che, nell'XI secolo, operò nell'ambito della scuola medica salernitana. A lei è attribuito, pur con qualche controversia, il trattato De passionibus mulierum ante in et post partum, edito a stampa solo nel 1544, a Strasburgo, nell'edizione tarda di George Krant. Il De passionibus segna la nascita dell'ostetricia e della ginecologia come scienze mediche. Tra le importanti nozioni in esso contenute, vi è la necessità di suturare chirurgicamente le lesioni perineali.

Cenni storici

Nacque a Salerno, dalla nobile famiglia normanna De Ruggiero, famosa al suo tempo per aver donato a Roberto il Guiscardo parte dei propri averi per la costruzione del Duomo di Salerno.

Grazie alle sue origini, Trotula ebbe l'opportunità di intraprendere studi superiori e di medicina. Visse e operò al tempo dell'ultimo principe longobardo di Salerno, di Gisulfo II, probabilmente prima dell'arrivo in città del medico Constantino l'Africano.

Sposò il medico Giovanni Plateario, da cui ebbe due figli, Giovanni Plateario il Giovane e Matteo, che proseguirono l'attività dei genitori e i quali, insieme al genitore, sono ricordati come Magistri Platearii.

Trotula è la più nota tra le mulieres Salernitanae ovvero le appartenenti a quella cerchia di studiose che insegnavano o erano attive intorno alla Scuola medica di Salerno. La sua figura fu celebre nel Medioevo in tutta Europa, in particolar modo per gli studi legati alla sfera femminile. L'idealizzazione della sua figura, divenuta quasi leggendaria, ha portato alcuni studiosi a metterne in dubbio la storicità.

Opere e controversie sulla loro attribuzione

La ricostruzione della sua opera è tuttavia legata a una complessa querelle storiografica che ha visto nel tempo il sorgere di una controversia sull'attribuzione di alcune sue opere. In particolare storici come Hieserman o i coniugi Singer hanno ritenuto una forzatura di Salvatore De Renzi l'attribuzione a Trotula del “De mulierum passionibus” il trattato che segna la nascita dell'ostetricia e della ginecologia come scienze mediche. Tale opera viene, infatti, attribuita dagli autori citati a Eros, liberto di Giulia figlia di Augusto.

La presenza di Trotula nella Scuola Medica Salernitana, secondo i suoi sostenitori, è suffragata anche dalla sua coerenza sia con la cultura medievale longobarda, in cui la donna condivideva con l'uomo le responsabilità politiche e religiose e spesso anche militari, sia con l'organizzazione stessa della scuola medica, che non precludeva l'accesso alle donne all'arte medica né al divenire Magistra. A sostegno di quest'ultima affermazione, va ricordata la circostanza secondo cui la salute delle donne nel medioevo era affidata esclusivamente a mani femminili.

Per alcuni commentatori (tra i quali la psicanalista Pina Boggi Cavallo) la querelle e la progressiva trasfigurazione in leggenda della figura di Trotula segnano la scomparsa dell'importanza delle donne nella storia della medicina, da allora in poi relegate a ruoli marginali, portatrici di una cultura popolare delle cura.

Menzioni letterarie e onorificenze

Trotula è poi menzionata dal poeta satirico Rutebeuf nel XII secolo nel suo Dit de l'Herberie, il cui protagonista è un erborista ciarlatano al servizio di una dama salernitana di nome Trotte; o ancora come personaggio leggendario nei "Racconti di Canterbury" di Chaucer come dame Trot.

Nella Historia Ecclesiastica di Orderico Vitale si fa accenno a una coltissima matrona, poi identificata in Trotula de Ruggiero, che nel 1059 a Salerno dialogò di medicina con Rodolfo Malacorona, unica donna che possedesse una cultura tale da poter discutere con il famoso medico normanno.

Un segno dell'importanza della figura di questa mulier salernitana nei secoli lo si può dedurre anche dalla coniazione di una medaglia in bronzo a lei dedicata, unico personaggio femminile, nella serie di diciassette medaglie raffiguranti gli uomini illustri del territorio del Regno delle Due Sicilie dall'antichità classica alla contemporaneità, realizzata tra il 1830 e il 1834 su concessione reale nell'officina di Lorenzo Taglioni e con l'impiego dei maestri incisori della Regia Zecca Vincenzo Catenacci e Achille e Luigi Arnaud.

Nel 2013 è stato pubblicato Trotula, opera in cui l'autrice Paola Presciuttini ricostruisce in maniera romanzata la sua vita.

Trotula Corona è il nome attribuito in suo onore a una formazione esogeologica del pianeta Venere: la corona, precedentemente indicata come Trotula Patera, ha un diametro di 146 km ed è ubicata a 41.3 di latitudine e 18.9 di longitudine.

Opere

De passionibus mulierum ante in et post partum

De passionibus mulierum ante in et post partum è il lavoro più famoso di Trotula de Ruggiero, trascritto per quattro secoli e tradotto in numerose lingue, edito a stampa nel 1544 da George Krant. Il trattato è composto da 64 capitoli (mancano i primi dodici) nei quali vengono offerti precetti, consigli e norme che attraversano tutta la vita della donna.

Illustrazione da un manoscritto medievale del De passionibus mulierum ante in et post partum

Concezione

Nel sottotitolo si ha una panoramica degli argomenti trattati:

«Libro unico di Trotula sulla cura delle malattie delle donne prima, durante e dopo il parto mai prima edito in cui vengono minutamente illustrate le infermità e le sofferenze che capitano al sesso femminile, la cura dei bambini e dei ragazzi al momento del parto, la scelta della nutrice oltre alle restanti cose che vi si connettono le prescrizioni riguardanti entrambi i sessi le esperienze infinite di varie malattie con alcuni preparati che servono ad abbellire il corpo.»

Per la medichessa salernitana la donna è un intero e che bellezza, salute, armonia, cura ed affetti costituiscono un insieme, il corpo non è suddivisibile o separabile così come non lo è il contesto relazionale che accompagna gli eventi della nascita, della cura del bambino e della sua relazione con la figura della madre e della nutrice.

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L'opera inizia delineando la natura caratteristica del genere femminile, che a differenza della natura del maschio, calda e asciutta, è piuttosto fredda ed umida. Ciò se da una parte favorisce la complementarità dei generi sostenendosi e contenendosi reciprocamente dall'altra, è causa delle differenti patologie: infatti, essendo le donne più deboli e mancando loro il calore necessario per dissipare gli umori cattivi, le loro malattie sono più frequenti e colpiscono prevalentemente gli organi riproduttivi. Per difendersi dagli umori le donne tuttavia hanno una particolare purificazione, il mestruo, la cui regolarità è fonte e segno di salute, ovvero sintomo e fonte di malattia. Primo compito della medichessa è allora diagnosticare le ragioni dell'interruzione della regolarità o della scarsità del mestruo ed individuare con la farmacopea i rimedi opportuni. Rimedi diretti a ripristinare il giusto equilibrio umorale attraverso non solo erbe e salassi, bagni caldi e infusioni, ma anche mediante un regime alimentare e di vita utile ad un maggiore equilibrio. Attenta è poi l'osservazione di Trotula riguardo alle patologie ginecologiche. Ponendo tali patologie non solo in relazione con gli umori e con le ipotesi patologiche del tempo, ma anche con l'intera vita della donna sottolineando che alcune patologie caratterizzavano la vita della donna nubile, o viceversa della donna più o meno robusta, o ancora in relazione all'alimentazione. Sulle cause della sterilità, Trotula afferma che esse possono risiedere sia nell'uomo che nella donna. in più essendo l'utero legato al cervello è inevitabile che essi soffrano insieme compartecipando al dolore. La diagnosi differenziale sulle origini della sterilità va condotta sull'esame dell'urina posto con la crusca al deterioramento. Trotula propone, anche, adeguati consigli per il concepimento di un maschio o di una femmina o anche per un naturale anticoncezionale grazie ad una pietra detta gagate. Nozioni di ostetricia riguardano la posizione del feto nell'utero, nella individuazione di segni di gravidanza, nel regime delle donne gravide e della partoriente. Particolare attenzione merita, però, il momento del parto, dove, se il primo ricorso è alla benevolenza di Dio, il secondo sarà nella creazione di una atmosfera serena, lenta e rispettosa del pudore della donna( per cui coloro che assistono evitino di guardarla in volto). Una volta nato il bambino merita cure ed attenzioni dirette a proteggerlo da stimoli sensoriali eccessivi, e mantenuto in ambienti caldi pieni di “ cantilene e parole facili “. Alla puerpera vengono prescritti bagni, dieta di cibi caldi, tranquillità e riposo. La nutrice deve avere un colorito luminoso misto di bianco e di rosso ed essere giovane e nutrita con cibi salutari. Trotula non trascura le possibili conseguenze di un parto difficile o mal condotto, né tutte le possibili evenienze della puerpera, dando prova nella sua attenzione di una ampia e “moderna” conoscenza della materia. Molti capitoli sono poi dedicati alle malattie comuni come la cataratta, le tonsilliti, disturbi dermatologici e digestivi. L'ultima parte del lavoro di Trotula è dedicata alla cura estetica con ricette cosmetiche che riguardano la pelle, il sorriso, le labbra, i capelli che possono essere schiariti o anneriti secondo le usanze saracene, le mani, l'alito. La donna, così come viene descritta in questo testo, è pienamente valorizzata nella sua identità di genere e da una attenzione al corpo che presiede alla sua salute. La cura che la donna deve a se stessa è proposta dalla medichessa attraverso un insieme di comportamenti e di regole che riguardano una nozione di salute come equilibrio fra il corpo, la psiche e la relazione con gli altri.

De ornatu mulierum

Il De ornatu mulierum un trattato di cosmetica medioevale, opera di Trotula de Ruggiero.

La prima versione più completa ed antica del manoscritto è datata intorno al XIII secolo e fu ritrovata a Madrid come parte di un'ampia collezione di trattati medici. Si tratta del più antico trattato di cosmetica a noi pervenuto.[1]. Viene chiamato anche "Trotula minor" in relazione alla maggiore opera della medesima autrice, il De passionibus mulierum ante in et post partum ("Sulle malattie delle donne prima e dopo il parto"), detto anche "Trotula major".

L'opera tratta di trucco e di igiene. Vi sono inoltre anche istruzioni per preparare ed utilizzare preparati per il viso e i capelli e consigli per migliorare il benessere mediante "saune" e massaggi. Contrariamente al contesto storico in cui è inserita l'opera, la cosmetica non risulta un aspetto frivolo: al contrario, estrinsecando il concetto di bellezza di Trotula, la donna deve tendere ad essa per entrare in armonia con la filosofia della natura, per cui la sua ispirazione medica era la bellezza come espressione di un corpo sano e in armonia con l'universo.

Dal punto di vista tecnico l'opera recensisce circa 100 piante e derivati, preparati di origine animale e derivati, minerali, quali ingredienti per una sessantina di ricette di preparati.

Sono spesso citate nell'opera le mulieres salernitanae come esempio di bellezza. La gran parte delle piante ciatate nel trattato, come pure le altre utilizzate dalla Scuola medica salernitana per le preparazioni, erano inizialmente spontanee nell'area salernitana, ma in seguito, soprattutto a partire dal XIV secolo, furono coltivate assieme ad altre piante introdotte nel Giardino della Minerva di Salerno. Le origini delle piante introdotte erano medio-orientali, o addirittura americane, a testimonianza del fatto che l'opera di Trotula subì revisioni ed aggiornamenti di edizione in edizione, anche con l'aggiunta di rimedi più recenti.

Il De ornatu mulierum, manoscritto del XV secolo. Musée national du Moyen Âge

Practica secundum Trotam

Practica secundum Troctam è un trattato di medicina attribuita a Trotula de Ruggiero.

Il manoscritto è stato ritrovato a Madrid, presso la biblioteca dell'Università Complutense e contenente 66 articoli di ginecologia e ostetricia. Gli argomenti sono numerosi, è vanno dalle mestruazioni e dalla neonatologia, al vomito, alla scrofula e ai morsi di serpente.

Costantino l'Africano

Costantino l'Africano (in latino: Constantinus Africanus; Cartagine, 1020 circa – Montecassino, 1087) è stato un medico, letterato e monaco cristiano arabo.

Costantino esamina le urine dei pazienti

Nella sua vita Costantino compì numerosi viaggi che gli consentirono di apprendere diverse lingue e di acquisire le conoscenze del mondo arabo ed orientale. Ancora giovane partì per Babilonia (antico nome di Baghdad), quindi in Persia, in Etiopia e forse in India.

Ritornato in Egitto fu oggetto di persecuzioni, in ragione del suo insegnamento, ispirato alla varietà di tradizioni con le quali era venuto in contatto. Dovette rifugiarsi in Italia (ma una tradizione parla di un suo naufragio), accolto presso la corte di Roberto il Guiscardo, a Salerno. Soggiornò nella città probabilmente tra il 1075 e il 1077 e, verosimilmente, fu maestro della celebre Scuola Medica Salernitana. Di certo è evidente la notevole influenza che le sue traduzioni ebbero nell'attività e nelle opere dei medici di Salerno.

Entrò nell'ordine benedettino e terminò la sua vita nell'abbazia di Montecassino ai tempi in cui era abate Desiderio, futuro papa Vittore III. Dettagli della sua vita e della sua opera ci vengono dalla biografia di Pietro Diacono, un altro monaco di Montecassino, che lo descrive così:

«Costantino l'Africano, monaco dello stesso monastero [di Montecassino], fu dottissimo negli studi filosofici, maestro dell'Oriente e dell'Occidente, un nuovo luminoso Ippocrate. Partito da Cartagine di cui era originario, si recò a Babilonia e qui fu istruito compiutamente in grammatica, dialettica, scienza della natura (physica), geometria, aritmetica, scienza magica (mathematica), astronomia, negromanzia, musica e scienza della natura (physica) dei Caldei, dei Persiani, dei Saraceni.

Partito di qui raggiunse l'India, e ivi si gettò ad apprendere il loro sapere. Padroneggiate completamente le arti degli Indi, si diresse in Etiopia, dove ancora si imbevve delle discipline etiopiche; una volta ricolmo completamente di queste scienze, raggiunse l'Egitto e si impadronì a fondo delle arti degli Egizi. Dopo aver dedicato dunque trentanove anni all'apprendimento di queste conoscenze, tornò in Africa: quando lo videro così ricolmo del sapere di tutte le genti, meditarono di ucciderlo. Costantino se ne accorse, balzò su una nave e arrivò a Salerno dove per un po' si tenne nascosto, fingendosi povero. Fu poi riconosciuto dal fratello del re di Babilonia, anch'egli giunto lì, e fu tenuto in grande onore presso il duca Roberto. Di qui però Costantino se ne andò, raggiunse il monastero di Cassino e, accolto assai di buon grado dall'abate Desiderio, si fece monaco. Sistematosi nel monastero, tradusse moltissimi testi da diverse lingue. Tra questi, rilevanti sono: Pantegni (diviso da lui in dodici libri) in cui espose ciò che il medico deve sapere; Practica (in dodici libri), dove scrisse come il medico conserva la salute e cura la malattia; il Librum duodecim graduum; Diaeta ciborum; Librum febrium (tradotto dall'arabo); De urina, De interioribus membris; De coitu; Viaticum […], Tegni; Megategni; Microtegni; Antidotarium; Disputationes Platonis et Hippocratis in sententiis; De simplici medicamine; De Gynaecia […]; De pulsibus; Prognostica; De experimentis; Glossae herbarum et specierum; Chirurgia; De medicamine oculorum.»

(Pietro Diacono, De viris illustribus archimonasterii Casinensis)

Dopo la sua morte nel 1087, la sua opera fu proseguita dal suo allievo Johannes Afflacius, probabilmente un convertito il cui nome era Yahyà al-Falakī.

Costantino viene presentato alla corte di Roberto il Guiscardo

Opere

Tradusse dalla lingua araba alla lingua latina numerose opere che consentirono all'Occidente cristiano-latino di riscoprire alcuni classici del mondo greco (che erano stati tradotti in arabo) e di apprezzare i progressi degli arabi nel campo della medicina. Egli riuscì a far accettare senza traumi agli intellettuali occidentali il pensiero classico filtrato attraverso il pensiero islamico. Costantino introdusse in Occidente una trattatistica teorica e pratica, dedicata a molti dei temi della medicina e della farmacologia (tra tutte si ricordino il Pantegni (Theorica) di Ibn al-Abbas al-Magiusi (X secolo) e il Pantegni (Practica). La sua ricerca fu decisiva per l'affermazione dell'insegnamento galenico in Europa, ma ancora oggi incerta è l'attribuzione di moltissimi scritti che la tradizione gli attribuisce.

Da Costantino l'Africano prende il nome una particolare erba medicinale, la Iera di Costantino, utile per la cura della vista.

Museo virtuale della scuola medica salernitana

Il Museo Virtuale della Scuola Medica Salernitana si trova nella Via dei Mercanti 74, l'antica arteria commerciale del centro storico di Salerno, poco distante dal Duomo. Inaugurato nel 2009, va a sostituire il vecchio Museo Didattico della Scuola Medica Salernitana con un restauro completo non solo della struttura, ma dell'intera organizzazione museale.

Il museo è alloggiato all'interno dell'ex Chiesa di San Gregorio, costruita nel periodo longobardo di Salerno intorno all'anno mille. Il Museo Virtuale di Salerno, gestito da associazioni locali, si basa su un'organizzazione molto moderna: filmati e riproduzioni 3D, interpretati da attori professionisti, ripercorrono le tecniche e le conoscenza della Scuola Medica Salernitana, specialmente nei suoi secoli di gloria (X - XIII secolo).

Vi si trovano, esposte in pannelli luminosi, le riproduzioni dei preziosi codici manoscritti e miniati di produzione medioevale della Scuola Medica Salernitana.

La sezione più ricercata dai turisti è quella dove si espone il famoso Regimen Sanitatis Salernitanum, l'opera a cui è maggiormente legata la fama mondiale della Scuola Medica.

Il pavimento della sala principale è realizzato in vetro, così da lasciare a vista l'antica struttura preesistente. Osservando con attenzione si vedranno una serie di strumenti chirurgici, originali e ricostruiti, dei primi medici della storia. Interessanti, infine, i pannelli dedicati a Trotula de Ruggiero, la prima donna medico della storia e che propone ai visitatori un'attenta analisi sul ruolo della donna nel Medioevo.

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