La Storia

Sommario:

Periodo pre-romano

Si ritiene che il territorio di Salerno sia stato abitato sin dalla preistoria, tuttavia è intorno al VI secolo a.C. che si hanno le prime testimonianze di un insediamento etrusco, che sorgeva sul fiume Irno nei pressi dell'attuale quartiere di Fratte. Questo primo nucleo rappresentava un importante avamposto strategico-commerciale per i traffici tra gli Etruschi e le vicine colonie greche di Poseidonia ed Elea.

Il nome dell'insediamento è ancora oggetto di discussioni: alcuni identificano Fratte con una ancora non ben individuata città di Irna, altri con l'antica Marcina citata da Strabone nella sua Geografia. L'identificazione di Fratte con Irna è dovuta al ritrovamento in Campania di alcune monete con la dicitura "Irnthi", cioè con -thi suffisso locativo; tali monete però non sono state ritrovate in loco e, inoltre, l'antico nome del fiume forse non era Irno ma Lirino. D'altra parte alcune fonti sembrano situare in Vietri sul Mare il luogo dove sorgeva Marcina.

Nel V secolo a.C., a seguito della Battaglia di Cuma e la conseguente sconfitta subita da parte degli etruschi, la città fu occupata progressivamente dai sanniti ed entrò nella sfera commerciale delle città greche. Dai ritrovamenti archeologici si è potuto constatare come le diverse città dell'area, etrusche, greche o sannite che fossero, commerciavano e avevano scambi culturali continui.

L'area archeologica di Fratte

Periodo Romano

Con l'avanzata dei Romani nell'Italia meridionale Irna perse importanza mentre nacque ai piedi della collina Bonadies la cittadina di Salernum, che si sviluppava intorno ad un castrum romano. I Romani conoscevano questa cittadina e i loro abitanti già dalla fine del III secolo a.C., quando, durante la seconda guerra punica (221-202 a.C.), Scipione l'Africano elogiò i "Salernitani" definendoli "indomiti guerrieri esperti soprattutto nel lancio dei giavellotti".

Nel 197 a.C., all'epoca in cui una colonia fu dedotta su proposta del tribuno Caio Atinio, l'insediamento si espanse. Ascritta alla tribù Menenia, era popolata da coloni Romani che avevano il ruolo primario di presidiare la regione e controllare le popolazioni che, al contrario di Salerno, erano state favorevoli ad Annibale. Col passare dei secoli, la sua funzione militare cedette il passo a quella commerciale. La città era attraversata dalla Via Popilia, che collegava Roma alla Lucania e a Reggio, e di conseguenza divenne un nodo cruciale per i traffici da e per l'Italia meridionale.

I ritrovamenti archeologici, benché frammentari, fanno pensare a una città florida. Durante l'impero di Diocleziano era il centro amministrativo (sede del corrector), insieme a Reggio, della provincia della Lucania e del Bruzio. Il decumano maggiore era l'attuale via Tasso, mentre il foro era situato nell'odierna piazza Conforti. Non molto distante, l'attuale palazzo arcivescovile mostra chiari segni di un preesistente tempio pagano (dedicato probabilmente a Pomona).

Con le invasioni barbariche e la guerra greco-gotica, Salerno seguì il destino delle altre città del meridione, passando sotto il dominio bizantino. Durante la campagna contro gli Ostrogoti, intorno al 538 d.C., condotta dai bizantini Belisario e Narsete, il castrum romano presente sul monte Bonadies, primo nucleo del Castello di Arechi, venne restaurato ed ampliato, assumendo una notevole importanza strategica.

Il Tempio di Pomona

Il tempio, nonostante alcuni dubbi al riguardo, è di epoca romana, quando la città di Salerno, sede di diversi templi (dedicati a Bacco, Venere, Giunone e Priapo), ricevette il titolo di "Collegio degli Augustali" a dimostrazione della grande importanza che rivestì durante il periodo romano.

Ai nostri giorni è giunto solo il tempio di Pomona caratterizzato, all'interno e all'esterno, da una quindicina di colonne di stile ionico unite tra di loro da un arco gotico a sesto acuto. I capitelli, sempre di stile ionico, sono costituiti da quattro teste della dea Pomona ed una lastra quadrata a coronamento del capitello formata da facce concave. Del tempio sono stati rinvenuti anche la pavimentazione, il solaio con arco centrale a tutto sesto, un tronco delle fondamenta, delle monofore ed una lapide muraria. La lapide, situata tra la seconda e la terza monofora, ricorda una donazione di 50 mila sesterzi fatta da un certo Tito Tettenio Felice Augustale nel IV secolo d. C. e che consentì di realizzare i pavimenti in marmo, un ricco intonaco ed il frontone.

Probabilmente il tempio continuava verso oriente, in quanto durante recenti lavori di ristrutturazione del duomo, sono stati trovati resti di tempio romano.

Periodo Longobardo

Il Principato longobardo di Salerno intorno al mille raggiungeva il mar Ionio ed includeva tutta l'attuale Basilicata

Salerno restò bizantina fino al VI secolo. Dopo una lunga lotta tra Bizantini e Longobardi, nel 646 d.C. la città cadde in mano a questi ultimi come parte del Ducato di Benevento, anche se testimonianze di presenze longobarde già a partire dal VI secolo sono accertate dal ritrovamento di una tomba, nel Complesso archeologico di San Pietro a Corte, di una bambina di nome Teodonanda, morta il 27 settembre 566. Con l'avvento della dominazione longobarda la città conobbe il periodo più ricco della sua storia, durato più di cinque secoli.

Nel 774 il principe di Benevento Arechi II decise di trasferire la sua corte a Salerno. La città acquistò importanza e furono edificate numerose opere, tra cui la sontuosa reggia, della quale rimangono tracce sparse nel centro storico, edificio a cui si affiancava la Cappella Palatina (Chiesa di San Pietro a Corte).

Nell'839 il principato di Salerno divenne indipendente da Benevento, acquisendo i territori del Principato di Capua, la Calabria settentrionale e la Puglia fino a Taranto.

Il principe Guaimario IV, nella prima metà dell'anno 1000, annesse anche Amalfi, Sorrento, Gaeta ed il Ducato di Puglia e Calabria, cominciando in tal modo ad ipotizzare un regno che comprendesse tutta l'Italia meridionale. Opulenta Salernum fu la dizione coniata sulle monete che erano battute dalla città per i suoi traffici nel X e XI secolo, a testimonianza del momento di particolare splendore.

Il principato tuttavia era scosso dalle continue incursioni dei Saraceni e dalle lotte interne per il potere. In uno di questi complotti, nel 1052, Guaimario venne assassinato. Gli successe il figlio, Gisulfo II, ma il dominio Longobardo sul meridione era ormai avviato al termine.

Principato di Salerno

Il Principato di Salerno ebbe origine nell'851 in seguito alla frammentazione del Principato di Benevento, ovvero della parte del territorio longobardo chiamato "Langobardia Minor". Nella prima metà degli anni 1000 comprendeva quasi tutta l'Italia meridionale continentale.

La nascita del Principato

Nell'839 Sicardo, principe di Benevento, fu assassinato in una congiura ordita dal suo tesoriere Radelchi e dagli amalfitani. Il popolo di Salerno, in opposizione a Radelchi, proclamò principe il fratello di Sicardo, Siconolfo, aprendo di fatto una lotta per la successione. Lo scontro fra i due pretendenti si protrasse per oltre dieci anni, nei quali Siconolfo trasferì a Salerno la capitale del principato beneventano.

La spartizione dell'849

La controversia fra Siconolfo e Radelchi rendeva pericolosamente instabili gli equilibri politici del Mezzogiorno e suscitava preoccupazioni da parte dell'allora re d'Italia Ludovico, che nell'846 scese in Italia per pacificare le due parti dello scontro. Nell'849 Radelchi riconobbe a Siconolfo il possesso di tutta la parte costiera del Ducato (la migliore), affacciata sul Tirreno e lo Jonio, trasferendogliela in un accordo abbozzato da un certo Totone, nella forma di donazione da parte di Radelchi a Siconolfo. Il sovrano convalidò l'accordo di massima già intervenuto fra i pretendenti, ratificando il capitolare con cui si sanciva l'indipendenza del nuovo Principato di Salerno dal dominio beneventano.

La Longobardia Minore fu divisa in due nuove entità statali e Siconolfo fu confermato Principe di Salerno dall'imperatore.

Secondo gli accordi, Salerno ebbe tra gli altri i castelli di Montella, Nusco, Avellino, Rota, Sarno, Cimitile, Furculae, Capua, Teano, Sora, Taranto, Latiniano, Cassano, Cosenza, Laino, Conza, Paestum e parte del feudo di Acerenza[1] più tutto il resto del Cilento, anticamente lucano. A Benevento furono invece assegnati i territori del Sannio e quelli lucani di Melfi, Genzano, Forenza e Venosa. Parte della Calabria e della Puglia restarono invece in mano bizantina.

Il Principato di Salerno nell'851, retto da Pietro di Salerno

Le guerre e le dinastie regnanti

Le tensioni e il disordine tuttavia perdurarono: sulla stabilità del Mezzogiorno influivano negativamente le velleità autonomistiche dei signori di Capua, le mire del papato e del Sacro Romano Impero, entrambi decisi ad affermare la propria influenza sull'Italia meridionale, le minacce bizantine e le frequenti incursioni dei Saraceni, non di rado chiamati ad intervenire dagli stessi governanti in conflitto fra loro. Nell'861, Ademaro, figlio di Pietro, usurpatore del trono ai danni del figlio di Siconolfo, fu spodestato da Guaiferio, che instaurò sul trono di Salerno la dinastia dei Dauferidi. Nell'871-72, Salerno subì un lungo assedio da parte dei musulmani e malgrado la forte resistenza del principe Guaiferio, la città riuscì a liberarsi solo grazie all'intervento dell'imperatore Ludovico II, che ottenne in ostaggio i figli del principe quale pegno di fedeltà.

I Dauferidi ressero il principato fino alla morte di Gisulfo I, avvenuta nel 978. Gisulfo, deposto dal fratello Landolfo, lasciò il principato al fratello di Landolfo III di Benevento, il potente Pandolfo Testa di Ferro, che dopo aver restaurato Gisulfo come suo vassallo ne ereditò i possedimenti. Il Principato passò poi ai duchi di Amalfi con Mansone.

Il Principato della Opulenta Salernum

Il principe Guaimario IV, nella prima metà degli anni 1000, annesse anche Amalfi, Sorrento, Gaeta ed il Ducato di Puglia e Calabria, cominciando così ad accarezzare il sogno di riunire tutta l'Italia meridionale. Opulenta Salernum fu la dizione coniata sulle monete che erano battute dalla città per i suoi traffici nel X e XI secolo, a testimoniare il momento di particolare splendore.

In questo periodo la Scuola Medica Salernitana raggiunse la sua massima fama in tutta l'Europa. Infatti la Scuola Medica Salernitana è stata la prima e più importante istituzione medica d'Europa nel Medioevo (XI secolo). Come tale è considerata da molti come l'antesignana delle moderne università[2]. Il Principato tuttavia era scosso dalle continue incursioni dei Saraceni e dalle lotte interne per il potere. In uno di questi complotti, nel 1052, Guaimario venne assassinato. Gli succedette il figlio, Gisulfo II, ma il dominio longobardo sul Meridione si avviò ormai al termine.

Intorno al 1000 fecero la comparsa in Italia Meridionale i guerrieri Normanni, assoldati di volta in volta nelle contese locali dal potente di turno. In particolare si segnalò la famiglia degli Altavilla (Hauteville), tra cui spiccava Roberto il Guiscardo che sposò la principessa di Salerno Sichelgaita, figlia di Guaimario.

Nel 1076 il Guiscardo assediò Salerno, retta dal cognato e principe Gisulfo II. La città venne espugnata per fame dopo otto mesi di assedio e il principato passò sotto il dominio normanno. Nel 1078 il duca di Puglia e Calabria, Roberto il Guiscardo, vi trasferì da Melfi la capitale del suo dominio. Gisulfo II, ultimo principe longobardo di Salerno, riparò presso la corte papale di Gregorio VII, per poi trascorrere l'ultimo periodo del suo esilio nel castello di Sarno, dove morì (1090-91) accudito dalla sorella, la contessa Gaitelgrima.

Salerno divenne così il centro più importante dei territori normanni che si estendevano sull'intera Italia Meridionale, compresa la Sicilia e Malta che erano state strappate agli Arabi.

La città acquistò nuova vitalità: venne costruita la nuova reggia, Castel Terracena, ed il duomo in stile arabo-normanno, a seguito del ritrovamento sotto la precedente cattedrale delle spoglie mortali di San Matteo apostolo ed evangelista. Il Duomo, fortemente voluto dal Guiscardo per celebrare la propria potenza, fu consacrato dal papa Gregorio VII che risiedeva in esilio a Salerno sotto la protezione del duca normanno. Nel Duomo si venerano tuttora le spoglie dell'Apostolo Matteo, santo patrono della città.

Nel 1127 Salerno perse la sua indipendenza ma continuò a mantenere un ruolo di rilievo tra le città normanne ed il Principato di Salerno costituì di fatto la prima cellula di quel Regno di Sicilia (in seguito delle due Sicilie) che avrebbe identificato il Mezzogiorno per quasi tutto il secondo millennio.

Le dinastie regnanti

Siconidi: 840-853

Alla morte di Siconolfo gli succedette il figlio Sicone. Questi non ancora maggiorenne viene messo sotto la tutela di Pietro di Salerno. Dopo due anni di co-reggenza Pietro usurpa il trono ed il giovane Sicone è costretto a fuggire al nord presso l'imperatore Ludovico II. L'imperatore tuttavia conferma il principato a Pietro a cui succede il figlio Ademaro.

Dauferidi: 861-978

Il governo di Ademaro fu molto impopolare e reso debole dalle ambizioni autonomistiche di Capua. Nell'861 Guaiferio di Salerno si pose a capo di una rivolta che lo portò al potere, instaurando di fatto una nuova dinastia. Nell'871-72, Salerno subì un lungo assedio da parte dei musulmani e malgrado la forte resistenza del principe Guaiferio, la città riuscì a liberarsi solo grazie all'intervento dell'imperatore Ludovico II, che ottenne in ostaggio i figli del principe quale pegno di fedeltà.

Landolfidi: 978-981

Nel 974 l'ultimo dei dauferidi, Gisulfo I di Salerno, fu detronizzato dal fratello Landolfo. Accorse in suo aiuto il principe di Benevento e Capua Pandolfo I Testadiferro, che tuttavia restaurò Gisulfo solo come suo vassallo. Infatti alla morte di Gisulfo il principato passò a Pandolfo che riunificò sotto il suo regno tutti i domini della Langobardia Minor. Alla morte di Pandolfo il regno fu diviso tra i suoi due figli: il principato di Benevento andò a Landolfo, mentre quello di Salerno andò a Pandolfo II.

Dinastia degli amalfitani: 981-983

Pandolfo II fu osteggiato dal duca di Amalfi Mansone che occupò il trono e riuscì farsi riconoscere dall'imperatore come nuovo principe di Salerno. Il governo degli amalfitani fu molto impopolare e nel 983 si ebbe una rivolta con cui fu messo sul trono Giovanni II della casa ducale di Spoleto.

Dinastia di Guaimario IV 983-1077 (detta anche "sesta dinastia")

Con il principe Guaimario IV, nel 1039, il principato raggiunse la sua massima espansione venendo a comprendere anche Amalfi, Sorrento, Gaeta e il ducato di Napoli (giuridicamente un presidio bizantino). Guaimario, inoltre, fu acclamato Duca di Puglia e Calabria dai suoi vassalli normanni. In particolare con questi ultimi strinse una vera e propria alleanza che culminò nel matrimonio della figlia, la principessa Sichelgaita, con il condottiero normanno Roberto il Guiscardo. Guaimario cominciava così ad accarezzare il sogno di riunire sotto il suo regno tutta l'Italia meridionale. In questo periodo la fama della Scuola Medica Salernitana raggiunse tutta l'Europa. Nel 1047, tuttavia, l'imperatore privò Guaimario del titolo ducale di Puglia e Calabria, mettendo fine ad una singolare condizione di sovranità, scomoda per la corona imperiale. Nel 1052 a Guaimario succedette il figlio Gisulfo II; in questo periodo fu coniata la moneta con la dicitura "OPULENTA SALERNUM" che intendenva testimoniare lo splendore del principato. Tale ricchezza non poteva non fare gola ai potenti vicini normanni.

Nel 1076 Roberto il Guiscardo, cognato di Gisulfo, assediò Salerno. La città venne espugnata per fame dopo otto mesi e il principato passò sotto il dominio normanno. Gisulfo II, ultimo principe longobardo, riparò presso la corte papale di Gregorio VII, per poi trascorrere l'ultimo periodo del suo esilio nel castello di Sarno, dove morì (1090-91) accudito dalla sorella, la contessa Gaitelgrima.

La moneta coniata da Siconolfo per il principato di Salerno

L'eredità del Principato

Successivamente alla fondazione del Regno di Sicilia nel 1139 da parte di Ruggero II d'Altavilla, il Principato di Salerno fu ricostituito come feudo soggetto alla corona e fu retto, fra gli altri, da esponenti di grandi famiglie aristocratiche italiane come i Colonna, gli Orsini e soprattutto i Sanseverino.

Chi reggeva il feudo era insignito del titolo di "Principe di Salerno":

  • 1272-1285 Carlo II d'Angiò
  • 1289-1295 Carlo Martello d'Angiò
  • 1301- Tristano D'angiò (nono di figlio di Carlo II d'Angiò)
  • 1304-1309 Roberto I di Napoli
  • 1334- Giovanna I di Napoli
  • 1345-1348 Carlo Martello (figlio di Giovanna I)
  • 1419-1423 Giordano Colonna
  • 1423-1432 Antonio Colonna
  • 1439- Raimondo Orsini
  • 1461 Felice Orsini
  • 1463-1475 Roberto Sanseverino
  • 1463-1485 Antonello Sanseverino
  • 1485-1500 Alfonso di Aragona
  • 1500-1509 Roberto II Sanseverino
  • 1509-1553 Ferrante Sanseverino
  • 1572-1590 Nicola Grimaldi

Ferrante Sanseverino fu l'ultimo dei Principi di Salerno veri e propri ed ospitò a Salerno personaggi rinascimentali come Bernardo, il padre di Torquato Tasso. Contrario all'introduzione dell'Inquisizione spagnola nel suo Principato, entrò in conflitto con Carlo V che lo fece morire esiliato in Francia e nel 1553 pose fine al Principato di Salerno. Successivamente il Principato fu messo all'asta e il 20 luglio 1572 fu venduto da Filippo II di Spagna al Duca di Eboli, Nicola Grimaldi, per la cifra di 128.000 scudi.

Infine, il titolo di Principe di Salerno rimase in uso fino al 1851, con Leopoldo di Borbone. L'ultimo a fregiarsi del titolo di "Principe di Salerno" fu Leopoldo di Borbone dal 1817 al 1851.

Periodo Normanno

Intorno al 1000 fecero la comparsa in Italia meridionale i Normanni, assoldati di volta in volta nelle contese locali dal potente di turno. In particolare, tra questi valorosi, si distinse Roberto il Guiscardo (l'astuto) della famiglia degli Altavilla (Hauteville), il quale ottenne di sposare la principessa di Salerno Sichelgaita, figlia di Guaimario.

Nel 1076 il Guiscardo assediò Salerno, retta dal cognato, il principe Gisulfo II. La città venne espugnata per fame dopo otto mesi di assedio e il principato passò sotto il dominio normanno.

Salerno divenne così il centro più importante dei territori normanni, che si estendevano sull'intera Italia meridionale, comprese la Sicilia e Malta, strappate agli Arabi.

«Nel 1087 Amalfi, Gaeta, Genova, Pisa e Salerno, su invito di Papa Vittore III, occuparono molte zone dell'Africa rendendo i Re di Tripoli e Tunisi tributari della Santa Sede. Con 300 navi e 30.000 uomini occuparono Pantelleria; la flotta araba non uscì dal porto perché indebolita dalle sconfitte inflittegli da Ruggero d'Altavilla. L'8 agosto 1088 (S. Sisto) sbarcarono a Zawila, ruppero le catene di sbarramento al porto, devastarono la città e le navi ed occuparono la penisola di Mahdia.»

La città acquistò nuova vitalità: venne costruita una nuova reggia, Castel Terracena, ed il duomo in stile arabo-normanno. Quest'ultimo, fortemente voluto dal Guiscardo per celebrare la propria potenza, sarà consacrato dal papa Gregorio VII che risiedeva in esilio a Salerno sotto la protezione del duca. La chiesa fu dedicata all'Apostolo Matteo a seguito del ritrovamento sotto la precedente cattedrale delle spoglie mortali del santo. Nella cripta sono tuttora conservate le reliquie dell'evangelista, santo protettore della città.

Nel 1127 la capitale dei domini normanni, unificati da Ruggiero d'Altavilla, passò a Palermo, perché la dinastia normanna di Salerno si era estinta col duca Guglielmo; Salerno, comunque, continuò a mantenere un ruolo di rilievo tra le città del Regno di Sicilia.

Nel 1160, in seguito alla rivolta dei baroni, Guglielmo I decise di punire la città distruggendola, così come aveva già fatto per Bari. Malgrado le intercessioni dei salernitani Matteo d'Aiello e Romualdo Guarna, la flotta del sovrano salpò da Palermo alla volta del golfo di Salerno. Durante il viaggio però una provvidenziale tempesta respinse violentemente le navi: il popolo salernitano (per la prima volta) attribuì a San Matteo la salvezza della città.

Mura di Salerno

Storia

La storia delle mura della città è molto complessa. Secondo Amarotta le mura raggiunsero la vetta del Monte Bonadies intorno all'anno 1010 mentre lo storico Fiore invece ritiene che queste percorressero, già in età romana (I-II secolo), il monte Bonadies ed arrivassero fino alla via dei Mercanti dove andavano a formare il primo nucleo romano. In quel periodo esistevano tre porte: la Nocerina ad ovest, la Porta del Mare a sud e la Rotese ad est. Intorno al III secolo le mura si allargarono verso oriente in quanto porta Rotese si spostò verso l'attuale zona di Largo Plebiscito per poi salire verso il castello.

Intorno al V secolo, invece, le mura occidentali si staccano dalla precedente posizione nei pressi della chiesa di Sant'Andrea e rientrano giungendo fino all'attuale via di Porta Mare. Da qui procedevano fino alla parte alta di largo Dogana Regia per poi ricongiungersi alle vecchie mura nei pressi del vicolo Barliario.

Durante la dominazione longobarda Arechi II fortificò ed ampliò la città. Egli recuperò l'antico castello romano, detto Torre Maggiore, e creò nuove fortificazioni difensive creando quattro alte torri, oltre quella centrale, unite tra di loro per mezzo di ponti e di mura con merli. Delle torri una affacciava a nord ed era provvista di porta di ferro, una ad ovest detta Pentuclosa (pentagonale), un'altra ad est detta Mastra ed un'altra più piccola detta Torricella. Nell'ambito del sistema difensivo longobardo il castello costituiva il vertice del cosiddetto sistema difensivo triangolare. Anche il rinnovamento delle mura fu profondo tanto che viene ricordato con il nome di Rifondazione Arechiana. Egli sopraelevò le mura e le ampliò verso oriente e probabilmente intorno al castello realizzò un fossato. Con la morte di Arechi II prese il potere il figlio Grimoaldo che innalzò nuove mura andando a creare il quartiere detto inter murum et muricitum. Con gli assedi dei Saraceni e le lotte interne alla Langobardia Minor il sistema difensivo fu nuovamente ampliato e nelle mura si aprivano sei porte: dei Respizzi e Nocerina ad ovest, Rateprandi e di Mera a sud ed Elina e Rotese ad est.

Verso la fine dell'VIII secolo le cinte murarie si espandono ancora verso occidente raggiungendo l'attuale piazza Sedile del Campo e verso oriente toccavano l'attuale via Porta di Mare. Nella salita verso il Monte Bonadies inglobavano il monastero di San Benedetto e, allacciandosi alle preesistenti mura di via Bastioni, risalivano verso il castello. Le porte della nuova cinta muraria sono: ad ovest la Busandola, a sud la porta del Fornaro e la porta Rateprandi a Largo Campo, la porta dell'Angelo e la porta Elina ad est, nei pressi del convento di San Benedetto. Con Manfredi la cerchia muraria venne nuovamente rinforzata. Egli riattivò i camminamenti sotterranei che collegavano le varie torri e ristrutturò la Bastiglia.

Delle antiche mura oggi sono rimasti pochi avanzi nei fianchi del monte Bonadies ed in alcune zone isolate del centro storico come in via Fusandola, in via San Benedetto ed in via Arce. Quasi intatto è invece il muro che definiva il fossato intorno al castello.

Mura lungo la facciata del convento di Montevergine

Le porte

  • Porta Nova: è posta lungo il lato meridionale delle mura di cinta. Fu costruita nel 1754 per sostituire la Porta Elina. La porta è in stile settecentesco ricoperta di marmo e sormontata dalla statua di San Matteo. È l'unica antica porta di Salerno ancora esistente.
  • Porta Catena: (scomparsa). Era la porta principale di Salerno nel primo Rinascimento verso Napoli e la costiera amalfitana. Si trovava di fronte al campanile sanfeliciano della Chiesa dell'Annunziata, e per la sua costruzione venne soppressa l'antica Porta Busanola che si trovava poco più a monte.
  • Porta Elina (scomparsa) : era una delle porte principali della città aperte ad Est; venne soppressa intorno al 1754 dopo la costruzione della Porta Nova, e in seguito andò distrutta. Doveva il suo nome ad un tempio dedicato ad Elena, o secondo altri al palazzo di un nobile ebreo di nome Elino posto nelle vicinanze.
  • Porta Rotese (scomparsa): si trovava a Nord-Est dell'abitato, nei pressi dell'antico anfiteatro; doveva il suo nome al fatto che da essa partiva la strada che conduceva a Mercato San Severino (Rota in latino).
  • Porta Nocerina (o di Ronca) (scomparsa): si trovava nella zona Nord-Ovest dell'abitato, di fronte al vallone del torrente Fusandola; da qui partiva la strada che da Salerno portava a Nuceria Alfaterna, da cui il nome.
  • Porta di mare (scomparsa): si apriva a Sud dell'abitato, proprio di fronte alla spiaggia (da qui il nome).

La Porta Nova

Periodo Svevo

Alla morte di Guglielmo II di Sicilia senza eredi si aprì una lotta per la successione al trono normanno. I due pretendenti erano l'imperatore Enrico VI e Tancredi di Lecce, appoggiato dal papa.

Durante l'assedio di Napoli l'imperatore si ammalò e la città di Salerno aprì le sue porte affinché il sovrano fosse curato dai medici della sua Scuola Medica. Una volta guarito Enrico si affrettò a ritornare in Germania dove, in seguito alla diffusione della notizia della sua morte, si erano sollevate delle sommosse. L'imperatrice Costanza d'Altavilla invece si trattenne a Salerno nella reggia dei suoi avi, il Castel Terracena.

Nel frattempo però in città la fazione normanna, capeggiata da Matteo d'Aiello, aveva avuto il sopravvento: l'Imperatrice fu fatta prigioniera e consegnata a Tancredi di Lecce. Il principe normanno trattò la regina con tutte le onorificenze e, trattandosi di sua zia, compì un gesto di magnanimità rilasciandola con ricchissimi doni (alcune fonti dicono però che il rilascio avvenne per intercessione del papa Celestino III).

Il gesto dei Salernitani comunque non doveva rimanere impunito: nel 1194 Enrico VI scese di nuovo in Italia e ricambiò l'affronto subito dalla moglie saccheggiando e distruggendo la città. Fu probabilmente in questa occasione che molti manoscritti della Scuola furono portati in nord Europa dove sono tuttora conservati.

Le cose non andarono meglio con il figlio, Federico II, che emanò diversi editti che relegarono Salerno a un ruolo di secondo piano. In particolare la Scuola Medica perse parte della sua importanza con la fondazione dell'Università a Napoli, anche se nelle Costituzioni Melfitane Federico riconobbe alla Scuola l'autorità esclusiva di rilasciare le lauree in medicina.

Durante il regno di Manfredi la città poté contare sull'enorme influenza che il salernitano Giovanni da Procida aveva presso la corte sveva. In questo periodo, infatti, fu istituita la fiera di San Matteo, che si svolgeva due volte l'anno: il mese di settembre, in occasione della festa del santo, e nel mese di maggio, nella ricorrenza della translazione delle reliquie (6 maggio). Inoltre nel 1260 si diede inizio ai lavori di sistemazione del porto, fortemente richiesto dai Salernitani; a testimonianza di ciò, ancora oggi, il molo più antico dello scalo porta il nome del sovrano svevo ("molo Manfredi").

L'imperatrice Costanza prigioniera in Castel Terracena, dal Liber ad honorem Augusti

Dal 1300 al 1700

A partire dal XIV secolo la città di Salerno e gran parte dell'attuale sua provincia divennero dominio dei principi di Sanseverino, una potente famiglia feudale che ebbe molta influenza sulle sorti del Regno di Napoli per gran parte del Rinascimento.

Nel XV secolo la città fu teatro di scontri tra le case reali degli Angioini e degli Aragonesi, con cui i signori locali si allearono alternativamente.

Il XVI secolo fu un periodo funesto per la città. Già durante la prima metà del secolo l'ultimo discendente dei Sanseverino (Ferrante Sanseverino, contrario all'Inquisizione) entrò in conflitto con i governanti spagnoli, portando alla rovina l'intera famiglia. La loro caduta si ripercosse anche sulle popolazioni, poiché i loro beni furono confiscati, suddivisi e quindi donati o venduti a numerosi signori, segnando l'inizio di un lungo periodo di decadenza per la città di Salerno.

Nel 1544 accadde un episodio leggendario che rimarrà nella memoria della città attraverso il suo stemma: il 27 giugno di quell'anno il pirata Kahir-Ad-Din entrò nel golfo di Salerno con le sue navi e rimase in rada davanti alle città di Salerno ed Amalfi, preparandosi ad attaccarle e saccheggiarle. Le due città si prepararono al peggio; molti abitanti corsero alle armi, altri fuggirono sulle colline, altri ancora si radunarono nel duomo di Salerno chiedendo protezione al santo patrono. Fu così che avvenne un avvenimento miracoloso: un'improvvisa e violenta tempesta ricacciò le navi dei pirati e salvò la città dal pericolo. I salernitani ringraziarono il loro santo patrono e ne inserirono l'effigie nello stemma della città.

Nel 1647, parallelamente alla rivolta napoletana capeggiata da Masaniello, scoppiò a Salerno un moto popolare capeggiato dal pescivendolo Ippolito di Pastina. La rivolta nacque come reazione alla miseria dovuta alla frammentazione del potere locale, seguito alla caduta dei Sanseverino e all'indiscriminato aumento delle tasse imposte dagli spagnoli.

Nel 1656 Salerno fu colpita da un'epidemia di peste che ne decimò la popolazione. La città stava lentamente riprendedosi quando il 5 giugno 1688 subì un violento terremoto, seguito da una nuova scossa nel 1694.

Occorsero decenni perché le sorti di Salerno si risollevassero da questi eventi funesti. Ai primi del Settecento la città era ridotta ad un piccolo abitato di poche migliaia di abitanti.

Solo nella seconda metà del settecento, con l'arrivo dell'Illuminismo, iniziò la lenta rinascita della città, che fu abbellita da alcuni palazzi e chiese.

Nel 1755 veniva redatto il catasto onciario cittadino che enumerava 1500 famiglie e 639 forestieri (religiosi ed altro). All'epoca la cosiddetta "universitas" di Salerno comprendeva gli attuali comuni di Pellezzano, Pontecagnano Faiano e diversi altri "casali" oggi scomparsi o accorpati in altri centri. I 10.000 abitanti circa del centro della città propriamente detto, cioè "Salerno-corpo" vivevano nelle abitazioni ubicate presso le seguenti parrocchie: San Massimo, San Matteo, Carmine, San Lorenzo, la parrocchia dei 12 Apostoli, S.Maria a Torre, S.Lucia de Giudaica; il nucleo centrale della città era detto "dentro Salerno" e vi si accedeva dalle seguenti porte: Porta Catena, Porta San Nicola di Palma, Porta Rotese e Porta di Mare, Porta Nova, Dogana.

Salerno nel 1600

Salerno durante il Risorgimento

Nel 1857, a seguito della fallita spedizione di Sapri di Carlo Pisacane, Giovanni Nicotera sopravvissuto fu portato a Salerno e, sottoposto a processo, condannato a morte, pena poi commutata in carcere a vita. La maggioranza della popolazione di Salerno abbracciò entusiasticamente le idee risorgimentali, secondo lo storico Seton-Watson (in "Italy from Liberalism to Fascism, 1870-1925") e nel 1861 molti salernitani parteciparono con Giuseppe Garibaldi all'Unità d'Italia.

Con l'Unità d'Italia la crescita demografica della città, dovuta anche in parte alle migliorate condizioni igienico-sanitarie dell'area, è stata quasi vertiginosa: i ventimila abitanti erano diventati ottantamila alla fine della seconda guerra mondiale e quasi 160.000 negli anni settanta.

L'industrializzazione nell'Ottocento

Nell'Ottocento nacquero a Salerno le prime industrie, per lo più a capitale straniero: nel 1830 sorse nella zona di Fratte una filanda ad opera della società svizzera Züblin Vonwiller, presto affiancata dagli stabilimenti di tessitura e tintura della società Schlaepfer-Wenner. Contemporaneamente sorgevano nella stessa zona di Fratte anche i molini e pastifici Dini, tra i più grandi dell'epoca.

La famiglia Wenner, in particolare, avrà un ruolo determinante nella storia delle manifatture di Salerno e della valle dell'Irno. La seconda e terza generazione di questa famiglia, nata a Salerno nei luoghi dove sono sorti gli stabilimenti, contribuirà a far crescere ulteriormente l'industria fino ai primi decenni del 1900.

Nel 1861, anno dell'unificazione, Salerno era la terza provincia italiana per valore aggiunto pro capite[7]. Nel 1877 risultavano sul territorio 21 fabbriche tessili con circa 10.000 operai: Salerno venne soprannominata "la Manchester delle Due Sicilie". Per dare un termine di paragone, si pensi che nello stesso periodo a Torino, città tra le più industrializzate d'Italia, lavoravano in questo settore solo 4 000 operai.

Nel Regno d'Italia Salerno ha conosciuto una crescita sostenuta: i suoi oltre 15.000 abitanti nel 1860 crebbero dieci volte fino al 1980, registrando contemporaneamente una notevole crescita socio-economica. Infatti nel 1866 fu creata la Stazione ferroviaria di Salerno e la città successivamente fu collegata da nuove ferrovie con Reggio Calabria e Potenza, il suo porto fu ingrandito anche per navi mercantili transoceaniche, inoltre furono costruiti ospedali e scuole per tutta la cittadinanza ed ai primi del Novecento fu creato un piano urbanistico (che contemplava un moderno lungomare e numerosi palazzi pubblici e residenziali di alto livello, dal Palazzo del Tribunale al Teatro Verdi ed alla Prefettura.

Salerno alla fine dell'Ottocento

Lo sbarco Alleato

Dal giugno al settembre del 1943, Salerno fu bombardata dalle forze aeree anglo-americane. La notte successiva l'8 settembre, giorno dell'armistizio, gli Alleati diedero inizio allo Sbarco a Salerno, diretto dai generali Clark ed Alexander: centinaia di navi da guerra effettuarono lo sbarco nel golfo di Salerno, da Vietri sul Mare ad Agropoli, mentre l'aviazione batteva a tappeto la città e la piana di Paestum.

L'esercito tedesco cercò invano di contenere lo sbarco degli Alleati.

Le battaglie durarono per più di una settimana, con enormi perdite anche tra i civili. Furono completamente distrutti all'incirca 15.000 vani e quasi un quarto dei fabbricati industriali dell'area cittadina. Oltre l'ottanta per cento degli immobili di Salerno furono danneggiati dai combattimenti.

L'artiglieria delle truppe Alleate mentre sbarca sulle spiagge di Salerno

Salerno Capitale d'Italia

All'inizio del 1944 l'Italia da Montecassino in su era ancora occupata dai tedeschi. In questo contesto la città di Salerno fu scelta per ospitare i primi governi del dopo fascismo: dal febbraio all'agosto 1944 Salerno fu Capitale d'Italia.

L'11 febbraio 1944 si trasferì a Salerno il primo governo di Pietro Badoglio (Governo Badoglio I), a cui parteciparono due ministri salernitani (Giovanni Cuomo all'educazione nazionale e Raffaele Guariglia agli esteri). Il 27 aprile 1944 si riunì il primo Consiglio dei ministri del governo di unità nazionale dopo la caduta di Benito Mussolini e del Fascismo, primo passo verso la restaurazione della democrazia in Italia.

Il ministro Cuomo, durante il Governo Badoglio II, ottenne la creazione del "Magistero" di Salerno con sede a Palazzo Pinto nell'antica "Via dei Mercanti". In questa forma si concretizzò la rinascita degli studi universitari a Salerno, dopo che - sciolta la Scuola Medica Salernitana nel periodo napoleonico - anche l'ultimo scampolo di università salernitana era stato abolito dal ministro Francesco De Sanctis subito dopo l'Unità d'Italia.

Ivanoe Bonomi (Governo Bonomi II), divenuto Presidente del consiglio il 18 giugno 1944, sostituì Pietro Badoglio e realizzò con Togliatti la Svolta di Salerno. Il 4 agosto 1944 Roma fu liberata dai tedeschi ma il governo continuò a riunirsi a Salerno fino a metà agosto 1944, quando effettivamente si trasferì a Roma.

In questi cinque mesi di Salerno Capitale, il Re Vittorio Emanuele III alloggiò a Villa Guariglia, una villa gentilizia a Raito frazione di Vietri sul Mare. Alfonso Menna, che fu sindaco di Salerno negli anni cinquanta, era solito dire che l'idea di costruire l'attuale lungomare di Salerno era venuta anche dal Re d'Italia.