Pinacoteca provinciale

La Pinacoteca Provinciale si trova sulla via dei Mercanti, nel cuore storico di Salerno, a poca distanza dal duomo.

Il palazzo sorge sulla trafficata via dei Mercanti a non molta distanza dal Duomo; la sua costruzione risale al 1600 e, come attesta un documento del 1754, ha subito nel tempo vari ampliamenti, con l'aggiunta di due botteghe, cortile aperto, stalla, rimessa e due appartamenti, di 12/16 stanze, più galleria e loggia. Nel 1756 diventa di proprietà della famiglia Pinto; alla morte di Gennaro Pinto (1916) con lascito testamentario viene donato alla provincia di Salerno. Nel corso degli interventi di restauro sono state rimosse dalle scale due opere scultoree, adesso conservate al museo Diocesano; resti delle strutture del XII secolo sono riconoscibili nelle decorazioni degli archi a tarsie di tufo giallo e grigio. La loggia del primo piano, inoltre, dopo le modifiche del seicento, è stata riscoperta durante gli ultimi interventi di restauro ed è risultata essere un unicum con l'arco catalano a sesto ribassato visibile verso via Duomo.

La nascita della Pinacoteca

La pinacoteca provinciale di Salerno è ubicata al primo piano del seicentesco palazzo Pinto dimora gentilizia di una delle famiglie nobiliari più importanti di Salerno. La storia della pinacoteca rappresenta una tappa fondamentale per l'amministrazione provinciale di Salerno, impegnata non solo nel recupero nella valorizzazione delle opere pittoriche ma anche restauro dello stesso palazzo contenitore. Il 18 marzo del 2001 la pinacoteca è stata aperta al pubblico ma il suo patrimonio si è costituito a partire dagli anni tra il 1927 e il 1938 con l'acquisizione la donazione di opere databili dal XV al XVIII secolo; ad esso contribuì anche la collezione Pinto, donata insieme al primo piano dell'omonimo palazzo. Nel 1999 si è formato il primo nucleo della sezione degli artisti stranieri, ampliata nel tempo e di particolare importanza nella storia della provincia salernitana, meta di viaggiatori stranieri fin dai tempi del Grand Tour.

Il percorso espositivo

Il percorso di visita ha inizio con la scultura di Gaetano Chiaromonte Sensazione (1933). L'esposizione si articola in tre sezioni, suddivise secondo un criterio cronologico: dal Quattrocento al Settecento, Salernitani e Costaioli, Artisti Stranieri.

Sezione dal Quattrocento al Settecento

I dipinti della prima sezione possono essere suddivisi in tre gruppi: Dal Rinascimento meridionale al tardo Manierismo (XV-XVII sec.), dal Naturalismo caravaggesco al Tardobarocco giordanesco (XVII-XVIII sec.), dall'Accademia delle Solimena alla pittura di genere (XVIII secolo). Il primo gruppo abbraccia un periodo di grande importanza per la storia dell'arte, che va dallo sviluppo della cultura artistica rinascimentale, nelle quale emergono una diversa concezione dello spazio e del colore nella ricerca della perfezione prospettica, alla pittura di maniera, in cui l'artista riprende il linguaggio dei grandi maestri ricercando la complessità per dimostrare la sua abilità con torsioni e contrasti molto forti. Il gruppo pittorico che va dal XVII al XVIII secolo comprende opere che si rifanno naturalismo caravaggesco. Alcuni esempi sono Salomè con la testa del Battista della bottega di Battistello Caracciolo e il mezzo busto di San Paolo di una seguace del Caracciolo. Appartengono a questo gruppo anche l'Apparizione di San Giacomo di Andrea De Lione e le tele raffiguranti temi del vecchio testamento.

Un chiaro riferimento all'Accademia del Solimena, fondata alla fine del Seicento sull'esempio di modelli romani, è nella tela di Leonardo Antonio Olivieri Madonna con bambino San Giovannino, che si rifà alla lezione del Maratta e alle austere forme del classicismo di fine Seicento. Nel settore delle nature morte trova collocazione una serie di tele recuperate attraverso complessi interventi di restauro tra cui Natura morta su sfondo paesaggistico di Francesco della Questa, Natura morta con interno di cucina di Nicola Maria Recco, Cacciagione su sfondi paesaggio e Cacciagione di Baldassarre De Caro, Angurie con colombe di un ignoto pittore napoletano.

Sezione Salernitani e Costaioli

La sezione espone opere acquistate della provincia di Salerno a partire dal 1927, data che segna la chiusura della "Prima mostra fra artisti del Salernitano". Appartiene a questa sezione un gruppo di dipinti raggruppati sotto il nome di Salernitani e Costaioli, essendone autori artisti nativi di Salerno e della Costiera amalfitana: i salernitani Raffaele Tafuri, Gaetano Esposito, Gaetano d'Agostino, Pasquale Avallone, Guglielmo Beraglia, Olga Schiavo, Clemente Tafuri, Olga Napoli e i costaioli Gaetano Capone, Antonio Ferrigno, Luigi Paolillo, Luca Albino, Manfredi Nicoletti. Il percorso espositivo traccia un itinerario di tipo tematico e non per autore, suggerendo come artisti si ispirassero tutti a temi ricorrenti, che vanno dai passaggi a folklore locale, ai ritratti di parenti, amici o notabili.

Oltre ai pittori già citati, sono presenti anche opere di: Andrea Sabatini, Carlo Rosa, Severo Ierace, Marco Pino da Siena, Giuseppe Simonelli, Francesco Guarini, Pietro Bardellino, Ludovico De Majo, Paolo De Matteis, Cristofaro Faffeo, Giovanni Demio ed altri ancora.

Sezione degli Artisti Stranieri

La sezione si è costituita partire dal 1999, con l'acquisto di cinque acqueforti e tre acquarelli dell'artista austriaco Peter Willburger; oggi vanta una raccolta di 52 opere di 11 diversi artisti grazie ad acquisti, donazioni e recuperi che si sono succeduti negli anni. Il territorio salernitano è sempre stato meta di viaggiatori stranieri, dagli anni del Grand Tour, con il rinnovato interesse della civiltà magno-greca in seguito la "riscoperta" di Paestum, al secondo conflitto mondiale quando soprattutto la costa di Amalfi ha raccolto tanti esuli in fuga dai regimi totalitari. Proprio il paesaggio costiero è un tema ricorrente nella produzione di questi artisti, insieme alla rappresentazione di scena di vita quotidiana e alle bianche casa a cupola mediterranee affacciate sul mare, tipiche dei paesi della Costiera Amalfitana.

Tra gli altri ci sono opere di Stefan Andres, Lisel Oppel, Michael Theile, Irene Kowaliska, Kurt Craemer e Richard Dolker.

Palazzo Pinto

Palazzo Pinto sorge nel cuore del centro storico cittadino, lungo una delle sue arterie viarie principali, la Via dei Mercanti, storicamente sede di numerose e prestigiose attività commerciali ed artigianali. I proprietari appartenevano ad un ramo del casato dei Pinto, nobile famiglia di origine normanna le cui prime attestazioni risalgono agli inizi del 1200, ascritti almeno dal XVI secolo al seggio di Portanova; un altro ramo della famiglia risiedeva all'epoca nell'area poco lontana occupata attualmente da Palazzo Genovese.

L'edificio continuò ad ospitare la residenza dei Pinto fino all'inizio del XX secolo quando, dopo la morte dell'ultimo discendente, è passato con lascito testamentario all'Amministrazione Provinciale e all'Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona. Dal 1910 al primo piano ha ospitato la biblioteca provinciale fino al 1961. Il 15 marzo 1944, durante la presenza del Governo Badoglio I, fu fondato, con sede a palazzo Pinto, l'Istituto Superiore di Magistero di Salerno, primo passo della rinascita degli studi universitari della città. Dal sisma del 1980, l'edificio è stato oggetto di interventi di puntellamento di restauro preliminare che hanno interessato il corpo dell'edificio prospiciente su via Mercanti. Dal 2000 sono stati eseguiti lavori di consolidamento dei solai, di restauro degli impianti e finiture dell'androne e del primo piano, i cui locali ospitano, dal febbraio 2001 la Pinacoteca provinciale.[1] Dal luglio 2007, i due corpi di fabbrica retrostanti e le corti interne, sono stati oggetto di un complesso intervento di consolidamento, restauro e liberazione delle superfetazioni che avevano invaso la corte e le vanelle interne. Dal 2009 l'Azienda Ospedaliera ha realizzato al piano terra un front-office, creando un servizio "L'ospedale vicino". Dal settembre 2012 è fruibile la corte quattrocentesca, da cui si accede alla sede dell'Enoteca Provinciale.[2] Attualmente sono in corso i lavori di completamento del piano terra e del primo, con restauro della galleria che completa l'accesso dal vicolo dei Pinto e migliora la fruizione del complesso monumentale.

Tracce del loggiato orientale nel vicolo dei Pinto

Architettura

L'impianto originario, sorto su strutture più antiche, è medioevale come testimoniato dalle numerose vestigia romaniche di recente riportate alla luce, tra cui le ampie arcate prospicienti il vicolo cosiddetto dei Pinto, le cornici e gli archi decorati da preziose tarsie policrome, ed è da ricondurre all'architettura normanna dei secoli XI e XII. Il complesso, presumibilmente, accoglieva al suo interno diverse funzioni, dalle botteghe commerciali a luogo di rappresentanza civile e/o religiosa, come lasciano intuire le ampie aule decorate da cornici policrome ad intarsio.

Questi elementi decorativi, che creano un gioco cromatico ottenuto con l'alternarsi di conci di tufo grigio, proveniente dall'area di Fratte, e giallo, rimandano alla produzione architettonica campana del periodo normanno e, a Salerno, alle fabbriche della Cattedrale, di Castel Terracena, di palazzo Fruscione e della Chiesa di San Benedetto. Una variazione d'uso interessò il complesso romanico di palazzo Pinto, probabilmente già rimaneggiato da successive alterazioni, nella seconda metà del XV secolo, quando il complesso edilizio medievale fu interessato da modifiche che, mediante l'inglobamento di strutture adiacenti, lo trasformarono in una splendida ed elegante dimora nobiliare della quale sono testimoni gli elementi architettonici superstiti; al piano terra si ritrova l'elemento caratteristico ed emblematico di un'architettura espressione del gotico internazionale, l'arco ribassato catalano, originale invenzione espressione dei movimenti rinascimentali meridionali e propriamente campani, realizzato in piperno e contornato da due capitelli con raffinate decorazioni floreali. Nel complesso si ritrovano anche monumentali loggiati con archi in pietra che affacciano sul vicolo dei Pinto a est e sulla corte interna ad ovest, una cornice marcapiano al primo livello e riquadrature modanate di porte e finestrone, realizzate sempre in piperno.

L'impianto attuale dell'edificio, che fu dimora dei Pinto fino al 1910, risale a non oltre la metà del XVII secolo: da tale data in poi, vi fu un graduale ampliamento della dimora, tramite l'acquisizione di altri edifici confinanti a sud e la copertura di una loggia al primo piano, realizzando così una sede nobiliare ben più ampia. Particolare attenzione è riservata al prospetto su Via dei Mercanti che, con l'utilizzo di registri architettonici, armonizza l'articolato complesso, rappresentando uno dei più equilibrati esempi di facciate tra le dimore gentilizie salernitane. Nel catasto onciario del 1754 si può leggere una descrizione dello stabile e si evince che il proprietario dell'epoca fosse Don Matteo Pinto. Altri documenti testimoniano modifiche realizzate nel XVIII secolo; l'ala del fabbricato verso occidente, comprendente la galleria, la cappella privata e la loggia, fu ampliata sopra una proprietà del convento di San Domenico. Al nuovo prospetto fu creato uno slargo demolendo l'avancorpo della sagrestia e la navata destra della Chiesa di San Gregorio. All'interno dell'androne, sul lato sinistro, si trovano le scale d'accesso al palazzo. Al secondo piano si trovano ampi saloni ed una cappella a pianta rettangolare con volta ellittica riccamente decorata da eleganti stucchi.

L'arco all'interno della corte "catalana"

I locali del piano terra con le decorazioni in pietra

MAPPA